Gioia per il cuore

“Dietro ogni vino c’è una storia” non è una frase fatta e buttata lì tanto per impressionare una qualche platea. La cultura del vino trattiene in sé mestieri, gesti e sapori della terra.
Alle volte delle storie legate al vino e all’autenticità di certi paesaggi si impongono (in modo armonioso, carezzevole, certo) subito agli occhi.
Come succede dalle parti di Sármede, luogo intriso di leggende millenarie dove basta un nulla, un oggetto, un dettaglio, un’occasione minima e sono diversi i colori che si illuminano di una verità assoluta che fa pensare subito a una vita nei boschi, lontano dalla gente, ai margini delle terre coltivate. Una vita di abitudini rigorose, e di rigorosi rifiuti in cui i vini si distinguono per varietà, qualità e origine.
Qui approdò esule l’artista boemo Štěpán Zavřel — che nel 1982 ebbe l’idea di realizzare una mostra dedicata alle illustrazioni per l’infanzia — e qui che nacque Vito Favero, gloria “umana” del ciclismo italiano.
Insomma, qui sotto il Cansiglio non si scherza. Poco distante dal centro del paese passa la “strada del Patriarca”, un tratto dell’antica strada tracciata nel 1100 del Patriarcato di Aquileia, allora in contrapposizione alla Serenissima. E poi c’è (e si nota) una realtà in ambito vitivinicolo chiamata “Masot – Fiabe di vino” che è una specie di laboratorio creativo di vini-essenza in rappresentanza di questo straordinario paesaggio.
Proprio qui ho voluto incontrare Andrea Da Ros, giovane e appassionato enologo di raffinata produzione artigiana, ed è stata una conversazione piacevole e proficua. Abbiamo parlato di cosa significhi per un’azienda come quella della sua famiglia portare avanti un lavoro serio sui valori più autentici di queste terre. Impegni forti che si concretizzano nella salvaguardia dei vitigni autoctoni che rappresentano l’espressione più vera della natura.
Il bagliore gioioso negli occhi di Andrea mi ha fatto capire come certi vini parlino del loro appartenere a una terra, a una storia, a una famiglia. A come questi strani frutti della terra riescano ancora a farci emozionare.
È stata gioia per il cuore sentire un giovane valente e caparbio come Andrea raccontare con passione di uve raccolte a mano e pressate con delicatezza nel succo fatto fermentare a temperatura costante per preservare tutti gli aromi della varietà originale. Raccontare del vitigno Boschera (quello che Luigi Veronelli descriveva come ”brivido verde, minerale e vegetale”), del suo colore giallo paglierino dorato, della sua delicatezza e dei suoi sentori di mela acerba. Ma anche del Verdiso, vitigno secolare, autoctono dell’Altamarca Trevigiana. E del vin col fondo fatto in sintonia con la natura, una sorta di meravigliosa creatura fiabesca del sogno di Andrea. (MC)